IL GIUDICE DI PACE

    Procedimento  civile  n. 191/2001  r.g.  tra:  Ramello  Graziella
contro  comune di Sant'Ilario dello Jonio, in persona del sindaco pro
tempore,   avente   ad  oggetto:  opposizione  avverso  ordinanza  di
pagamento  di  sanzione pecuniaria - legge 24 novembre 1981 n. 689 -.
Questione di legittimita' costituzionale.

                       Premesso e ritenuto che

    Dagli  atti  del  procedimento  civile  n. 191/2001, vertente tra
Ramello   Graziella,  -  che  ha  dichiarato  di  stare  in  giudizio
personalmente -, cosi' avvalendosi della facolta' di cui all'art. 82,
primo  comma, cod. proc. civ., correlato, per quanto di procedura, al
quarto  comma di cui all'art. 23 della legge 24 novembre 1981, contro
comune  di  Sant'Ilario  dello Jonio, discende che l'attore ha inteso
proporre  ricorso  avverso  il  verbale  di contestazione elevato dal
comando  dei  vigili  urbani del comune di Sant'Ilario dello Jonio in
data   22   settembre  2000  e  recante  il  n. 449/2001,  notificato
all'opponente addi' 9 febbraio 2001.
    Nell'atto introduttivo del giudizio parte istante evidenziava:
        che  il  22  settembre  2000,  alle  ore  11,45, agenti della
polizia  municipale  del comune di Sant'Ilario, tramite misuratore di
velocita',  accertavano  che  il  conducente  della vettura Panda 1,1
cat. Mercedes 190 E, targata AM 878 EE, transitava nel territorio del
comune  di  Sant'Ilario  Jonio alla progressiva chilometrica 93,500 a
velocita'  superiore a 50 km orari, cosi' violando il disposto di cui
all'art. 142/8 del codice della strada;
        che  in data 9 febbraio 2001 funzionari preposti dal comune e
non   gli   stessi   accertatori   hanno  trasmesso  al  proprietario
dell'autovettura   di   cui   e'   detto,  verbale  di  contestazione
dell'infrazione  di  cui  sopra al codice della strada, adducendo che
non  si  era  potuto  provvedere,  nella  immediatezza,  e  nei  modi
regolamentari,  previsti  dall'art. 384  del d.P.R. 16 dicembre 1992,
n. 495,  a voce: "Regolamento di esecuzione del codice della strada",
ed in riferimento all'art. 201 di esso, alla contestazione immediata;
        che  col  ricorso  de  quo  il  suddetto  opponente  rilevava
l'illegittimita'  del  verbale  di  contestazione  di  infrazione per
violazione  degli  artt. 200 e 201 del c.d.s. oltre che violazione ex
art. 200  codice  della  strada  per  mancata contestazione immediata
dell'infrazione.  Cio'  nel  rilievo  che sul punto 1) nel verbale di
contestazione  e' dato leggere "non e' stato possibile procedere alla
contestazione  immediata della violazione in quanto l'apparecchiatura
di rilevazione ha consentito la determinazione dell'illecito dopo che
il  veicolo era gia' a distanza dal posto di accertamento, e comunque
nell'impossibilita'  di  essere  fermato  in  tempo  utile e nei modi
regolamentari".
    Rilevava,   ancora,   che   quanto   dedotto   dagli  agenti  per
giustificare  la  mancata contestazione appare, anche a parere di chi
scrive  mera  clausola  di  stile  piuttosto  che  una reale esigenza
dettata   da  una  possibilita'  oggettiva  cosi'  per  come  sancito
dall'art. 14,  legge  n. 689/1981  e  art. 200  c.d.s. sono esplicite
nell'imporre  un'obbligo  incondizionato  e  non ammettono margini di
apprezzamento,  stante  la  loro  tassativita'  (cosi'  la pretura di
Siderno 4 febbraio 1999; pretura di Cremona 30 aprile 1992).
    Sicche'  la  disattenzione di tale obbligo costituisce violazione
di   legge,   come  tale  rende  illeggittimo  l'intero  procedimento
amministrativo  di  irregolazione  amministrativa, dal momento che la
ratio  della  contestazione  immediata,  obbedisce  ad un'esigenza di
salvaguardia del diritto della difesa ex art. 24 Cost.
    Infatti  la  normativa riconosce, nell'ottica di questa superiore
tutela, la necessita' del contraddittorio immediato per assicurare le
migliori  opportunita'  di tutela e di difesa da parte del cittadino,
il  quale ha un ovvio interesse a svolgere le proprie eccezioni anche
e  sopratutto  nell'immediatezza  del fatto, poiche' l'attualita' del
contesto   infrazionale  consente  la  possibilita'  di  elementi  di
valutazione  piu'  immediati  e  compiuti  rispetto ad una successiva
ricostruzione storica.
    Tutto cio' non e' marginale, neppure in presenza,come nel caso de
quo,  di  misurazione  automatica  della  velocita', concretizzandosi
l'interesse  del contravvenuto ad opporre, per esempio, rilievi sulla
esatta  ubicazione  dell'apparecchio  ai fini di un'eventuale perizia
nonche'   sulla   effettiva   presenza  dei  verbalizzanti  in  loco.
Contestazione  immediata  che  potrebbe  facilmente  sfociare  in  un
inaccettabile arbitrio.
    Cio'  costituisce,  anche,  violazione  ex  art. 201  c.d.s.,  in
difetto   di  precisa  e  dettagliata  motivazione  circa  la  omessa
contestazione.
    La   fattispecie   dell'eccesso   di   velocita'   accertato  con
dispositivo  automatico  occorre  rilevare  che  le previsioni di cui
l'art. 384,  lettera  e),  del  regolamento  di attuazione al c.d.s.,
siano influenti.
    Oggigiorno  non esistono apparecchi in rilevamento che consentono
la  determinazione  dell'illecito in tempo successivo ovvero dopo che
il  veicolo  oggetto  di  rilievo  era  gia'  a distanza dal posto di
accertamento  misuratori  elettronici attualmente in uso, sono dotati
di   un  monitor  che  visualizza  la  velocita'  contestualmente  al
passaggio del veicolo per cui in concreto non esiste una possibilita'
di rilevazione in tempo successivo ed a distanza.
    Inoltre  le  attrezzature  a  prestazione  fissa,  attraverso  un
monitor  separato  e  portatile, dotato di segnale acustico e visivo,
consentono  la visualizzazione del dato numerico a distanza e dunque,
in  anticipo  sull'arrivo  del  veicolo  colto in infrazione. Secondo
quanto  confermato  anche  in alcune pronunce della giurisprudenza di
merito  (vedasi  Pretura  Belluno  28/1989)  "gli  agenti accertatori
possono  allontanarsi dal punto di rilevazione per uno spazio tale da
permettere  l'intimazione  dell'alt  del  veicolo,  senza  per questo
costringere il conducente ad effettuare brusche manovre".
    Nel  caso  di  specie,  se la presenza di due agenti era piu' che
sufficiente  per  provvedere alla contestazione immediata e personale
dell'infrazione,   potendosi  in  ogni  caso  provvedere  a  chiamare
un'altra   pattuglia  dall'altro  lato  e'  del  tutto  inconsistente
l'affermazione  secondo la quale, in quel luogo l'arresto del veicolo
avrebbe  potuto  determinare una situazione di pericolo, posto che lo
autovelox ben avrebbe potuto essere installato in un altro luogo.
    Cosi'  si  mette in dubbio il rispetto del dettato normativo, che
impone  che l'autorita' di vigilanza si ponga sempre e comunque nelle
condizioni  di  poter provvedere all'addebito immediato attraverso la
predisposizione delle condizioni necessarie e sufficienti a tal fine.
    Del resto la condotta degli agenti appare poi piu' grave nel caso
de   quo,   in  quanto  un'autovettura  che  procede  alla  velocita'
accertata,  ben  puo'  essere fermata in uno spazio limitato. Infatti
sarebbe  stato  sufficiente  che  uno dei due agenti si fosse posto a
distanza dell'apparecchiatura di rilevamento per fermare, in assoluta
sicurezza,  il  veicolo  e  procedere  alla  contestazione immediata,
(cosi'  anche pretura Pavia 15 aprile 1996; pretura Perugia 15 luglio
1994).
    Che   l'omessa  contestazione  immediata,  posta  quest'ultima  a
garanzia  del  contravventore  di far valere nell'immediatezza le sue
ragioni,  si  sarebbe  giustificata  solo  in  presenza di un fattore
eccezionale,  che  deve  essere  indicato  nella  totalita'  dei suoi
elementi  caratterizzanti,  non  essendo  sufficiente una motivazione
fondata  sui  generici motivi impeditivi, ne' tantomeno la dichiarata
impossibilita'  dell'apparecchiatura  di  rilevazione  di determinare
l'illecito  nell'immediatezza  del fatto (cosi' pretura Lagonegro, 23
aprile 1998; pretura Cremona 30 aprile 1992; pretura Rovigo 14 agosto
1990).
    Ne discende che siffatto comportamento rende pertanto illegittimo
il  provvedimento amministrativo per violazione degli artt. 200 e 201
c.d.s.
    In  accoglimento all'opposizione, il giudice di pace adito venire
richiesto  di  annullare  l'ordinanza opposta con ogni conseguenza di
legge.

                            Osservato che

    A  mente  dell'art. 82 cod. proc. civ., primo comma, correlato al
disposto di cui all'art. 58 delle disposizioni di attuazione del cod.
proc.  civ.,  la  mancata  dichiarazione  di residenza od elezione di
domicilio,  presso la cancelleria del giudice adito, sceverano il suo
esercizio  del  diritto  di  difesa rispetto ad atti e fatti posti in
essere dalla amministrazione nei confronti di esso medesimo.
    In  effetti  la  questione che si pone e' in diritto, ed e' stata
piu'  volte risolta con alterne pronunzie, mentre sono invocati quali
precedenti pronunzie che non si attagliano alla presente fattispecie,
riguardando  i  casi di notifica fatta al procuratore che eserciti le
sue  funzioni davanti ad una pretura inclusa nella circoscrizione del
tribunale   cui   lo   stesso   procuratore   e'   assegnato  (sentt.
nn. 4676/1989,    2962/1988,   2087/1985,   4/1983),   fatto   questo
pacificamente  escluso nella specie. La suprema Corte, affermando che
la norma dell'art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, non esclude la
validita' delle notificazioni che vengano eseguite (dalla controparte
che  potrebbe avvalersi di detta disposizione) al procuratore nel suo
effettivo  domicilio, ha riconosciuto la validita' ed efficacia della
alternativa notifica presso la cancelleria (operata nella specie).
    Esattamente  piu'  esplicita  ed  adesiva  risulta,  peraltro, la
sentenza  s.u.  n. 5100/1990, dalla quale e' stata tratta la seguente
massima:
        "nel  procedimento  dinanzi al giudice monocratico, l'art. 58
disp.  att.  cod. proc. civ., ove prevede la notificazione degli atti
presso  la cancelleria, nei confronti della parte che non abbia fatto
dichiarazione   di   residenza   o  elezione  di  domicilio  a  norma
dell'art. 314  cod. proc. civ., riguarda il solo caso in cui la parte
stia  in  giudizio  personalmente,  mentre nel caso di costituzione a
mezzo  di  procuratore la notificazione medesima (nella specie, della
sentenza  impugnata  al  fine  della decorrenza del termine breve per
l'impugnazione),  a  norma  dell'art. 82  del  r.d.  22 gennaio 1934,
n. 37,  va  effettuata,  se  il  procuratore  operi nell'ambito della
propria  circoscrizione,  nel domicilio da esso indicato o risultante
dall'albo  professionale  (ancorche' si trovi in un comune diverso da
quello  della sede dell'ufficio giudiziario), ovvero, quando eserciti
fuori  di  detta circoscrizione, nel domicilio eletto nel luogo della
sede    dell'ufficio    giudiziario   considerandosi,   in   difetto,
elettivamente  domiciliato  presso  la  cancelleria  di quell'ufficio
(cfr.  la  suprema  Corte  anche  in sentt. nn. 2948/1990, 2284/1990,
3670/1985).".

                       Ritenuto, altresi', che

    Nel  caso in cui il destinatario della notificazione abbia eletto
domicilio  presso  una  persona o un ufficio, la notificazione stessa
puo' essergli fatta nel domicilio eletto.
    E'  un  punto  di vista prevalente, anche in dottrina, che questa
forma  di  notificazione e', di regola, facoltativa e concorrente con
la  notificazione  eseguita  alla  persona secondo le modalita' sopra
indicate; diventa, peraltro, obbligatoria, anche quando l'elezione di
domicilio  e'  stata  inserita in un contratto e l'obbligatorieta' e'
stata espressamente pattuita.
    La  scelta  di  un  domiciliatario puo', talvolta, essere imposta
dalla  procedura  cosi' che la parte che si costituisce personalmente
e'  tenuta  a dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune
ove  ha  sede  l'ufficio  giudiziario competente, onde evitare che le
notificazioni  e  le  comunicazioni degli atti durante il processo le
vengano  fatte presso la cancelleria del giudice adito (art. 58 disp.
att.  cod.  proc.  civ.),  anziche'  nella residenza dichiarata o nel
domicilio eletto (art. 170, terzo comma).
    Le  norme  di  rito hanno parificato alla elezione domicilio, per
taluni  fini,  la  nomina di un difensore come proprio rappresentante
tecnico nel processo: in applicazione a tale criterio l'art. 170 cod.
proc.  civ.,  sancisce  che,  dopo la costituzione in giudizio, tutte
notificazioni  e  comunicazioni  debbono  essere fatte al procuratore
costituito, salvo che la legge disponga altrimenti.
    Atteso  che  la notificazione si effettua mediante consegna della
copia  al  domiciliatario,  invece nella elezione di domicilio, detta
consegna   avviene   a  mani  della  persona  indicata,  o  del  capo
dell'ufficio,  se  e'  indicato  soltanto l'ufficio, e, comunque, nel
luogo indicato nella elezione stessa.
    Sicche' la consegna della copia nelle mani della persona del capo
dell'ufficio  presso  il  quale  e' stato eletto domicilio equivale a
consegna nelle mani proprie del destinatario.
    Nei  casi  pratici  avviene  che  la notificazione, inoltre, puo'
essere   fatta  mediante  consegna  della  persona  di  famiglia  del
domiciliatario,  o comunque addetta alla casa, e, persino, in assenza
del  solo  ed  unico  destinatario  dell'atto, alle mani del portiere
dello stabile o ad un vicino di casa che, in dispregio alle norme del
disposto  di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, di tutela della
privacy, si dichiari disponibile a riceversela.
    Pari destino, anche se chiusi in busta, hanno gli atti notificati
per posta al domiciliatario.
    Senza  considerare  poi  che,  nelle notificazioni al procuratore
costituito  e' sufficiente la consegna di sola copia dell'atto, anche
se  il  procuratore  e'  costituito per piu' parti (art. 170, secondo
comma).
    Il  tutto  fatta  eccezione  per  la notificazione della sentenza
quando   e'   fatta   a   fine   della  decorrenza  del  termine  per
l'impugnazione al procuratore costituito.
    In  detta ipotesi e' richiesta la consegna di tante copie, quante
sono  le  parti  per  cui il procuratore e' costituito (art. 285 cod.
proc.  civ.).  Dunque  la  notificazione  fatta  alla parte presso il
procuratore - o il soggetto indicato dall'attore quale domiciliatario
-,  nel caso di difesa non tecnica, ed e' equivalente, a quella fatta
all'attore,  in  quanto  domiciliatario  del  cliente  e  percio'  le
notificazioni possono essere eseguite a lui o presso di lui (2).
    L'unico  caso  in  cui la notificazione non puo' essere fatta nel
domicilio eletto, e, ove effettuata essa e' nulla, attiene al decesso
di  quest'ultimo ovvero quando esso si e' trasferito fuori della sede
indicata  nella elezione di domicilio o e' cessato l'ufficio indicato
quale domicilio dell'attore.

                             Atteso che

    Il  caso  preso  in  esame, avuto riguardo alla notificazione del
decreto  di  fissazione  d'udienza  di cui all'art. 23 della legge 24
novembre  1981, in concomitanza con una capillare campagna di stampa,
posta  in atto da varie associazioni, sedicenti di tutela dei diritti
dei   cittadini  e  di  salvaguardia,  per  costoro,  da  conseguenze
riguardanti   la   loro   sfera   giuridica,   richiama,   nella  sua
formulazione,  il  dettato  del  cessato art. 82 cod. proc. civ. che,
prima  della  vigenza  dell'art. 20  della  legge  21  novembre 1991,
n. 374,  che  ne ha sostituito il testo iniziale, con la formulazione
attuale,  disciplinava  la  difesa  del  cittadino dinanzi ai cessati
uffici  di  conciliazione  ed  anche,  ed in particolari circostanze,
dinanzi ai pretori.
    Tant'e'  che  la  giurisprudenza  ha  esaminato  con  particolare
frequenza  le  varie  forme dei provvedimenti coi quali il pretore, a
mente del citato articolo, oggi abrogato, poteva autorizzare la parte
a stare in giudizio di persona, nonche' gli effetti della mancanza di
un procuratore legalmente abilitato all'atto che ha compiuto.
    La potesta' allora attribuita al pretore, che qui ci interessa al
fine  di pervenire alla conclusione alla limitata ampiezza difensiva,
a  favore  di  se'  stesso, attribuita alla parte che sta in giudizio
personalmente,  veniva data in considerazione della natura ed entita'
della  causa,  e  ben poteva essere esercitata su istanza anche orale
della parte.
    Ne'  puo'  formare  materia  di  controllo  da pane della suprema
Corte, nemmeno sotto l'aspetto di una violazione della legge formale,
per mancanza del provvedimento scritto.
    Cio'   e'  ancor  piu'  verosimile  in  quanto  era  di  per  se'
sufficiente   che  l'autorizzazione  risultasse.  Semplicemente,  dal
verbale di causa. (Cass., 11 aprile 1951 n. 846).
    Nel dualismo tra le funzioni processuali, espletate in modo ancor
piu'  privilegiato  con  la  difesa  tecnica effettuata dal difensore
abilitato, e della difesa compiuta personalmente dalla parte, si sono
inserite le pronunzie della suprema Corte di cui si e' detto.
    Ritiene questo giudice di pace che la ecc.ma Consulta, che ebbe a
pronunziarsi  il  lontano  19  gennaio  1988, con ordinanza n. 42, in
esito  alla  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 22,
terzo  comma, della legge 24 novembre 1981 n. 689, nella parte in cui
pone l'obbligo della elezione del domicilio nel comune ove aveva sede
l'allora  pretore adito, debba riesaminare, anche alla luce di quanto
esposto, la pronunzia.
    Non  v'e'  dubbio,  infatti,  che oggidi' l'esterna mobilita' del
cittadino,  -  dettata  dall'esigenza  di  continui spostamenti della
frenetica  vita  dell'iniziato  terzo  millennio - nel percorrere, in
lungo  ed  in  largo,  per  lavoro  e  per  impegni  non debba essere
cadenzata  dall'obbligo  di  reperire,  per  ogni  dove,  il  proprio
domicilio eletto.
    Ed  ancor meno che il cittadino, sia esso di Palermo o di Milano,
che  si  trova  a percorrere quest'estremo lembo d'Italia, essendogli
recapitato,  a  mo'  di  ricordo  del viaggio, un plico contenente la
sanzione amministrativa, opponendosi ad essa non sia nelle condizioni
di sapere quale sia il suo destino processuale.
    Fatto  che se il medesimo cittadino avesse residenza anagrafica a
Locri  non  avrebbe  verun  problema, ne' economico, ne' motorio, non
solo per difendersi personalmente, ma anche per vedersi recapitato, a
casa  propria,  ogni  atto  del procedimento che si celebra dinanzi a
questo giudice di pace.
    Salvo  che  il legislatore non abbia evidentemente inteso imporre
ad   esso   il   pagamento  della  sanzione,  quale  via  piu'  breve
all'alternativa  di  sborsare  pari  importo  per  approntare  la sua
difesa, sia essa tecnica, o gestita da se' medesimo.
    E'  evidente  la  incostituzionalita' della norma che preclude la
notificazione  degli  atti  del  giudizio di opposizione ad ordinanza
ingiunzione,  -  dal primo all'ultimo - presso l'esatta residenza del
ricorrente.
    Tale  principio  contrasta  col  disposto di cui all'art. 3 nella
parte in cui non viene riconosciuto al cittadino medesima eguaglianza
e pari dignita' dinanzi alla legge, precipuamente procedurale.
    Il  medesimo  principio contrasta col disposto di cui all'art. 24
della  Costituzione,  nella  parte  in  cui riconosce al cittadino la
libera facolta' di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti
ed  interessi  legittimi,  essendo  la  difesa un diritto inviolabile
sempre e dovunque.
    Il  richiamato  principio  contrasta,  in  ultimo,  con  tutto lo
spirito  etico  e  morale della carta costituzionale secondo il quale
sul  destino  del  cittadino non possono e ne' devono pesare fatti ed
atti da esso non voluti: siano essi la nascita, il suo sito ed il suo
nome.